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GEOPOLITICA DELL’ISLAM SCIITA

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Punti di forza: 1- soft power

L’islam sciita e gli sciiti in generale si sono trasformati nell’ultimo ventennio in una importante forza influente nelle dinamiche geopolitiche dello scacchiere internazionale. Questa scuola islamica si caratterizza per un pensiero nel quale vengono sottolineati alcuni fattori come la giustizia, la lotta all’oppressione, l’amore per la dignità e per la libertà spirituale. Volendo analizzare il ruolo geopolitico dei gruppi islamici di matrice sciita dobbiamo principalmente considerare due questioni: “soft power” e “hard power”.

Partendo dal primo punto notiamo come il pensiero sciita si sia sviluppato negli ultimi decenni grazie al lavoro di grandi sapienti e intellettuali in vari Paesi: l’imam Khomeyni e l’ayatollah Khamenei in Iran, Sayyed Hasan Nasrallah in Libano, gli ayatollah Hakim e Muhammad Baqir Sadr in Iraq. Il pensiero di questi leader ha avuto e ha un’influenza a livello nazionale e regionale, ma in alcuni casi, come quello dell’imam Khomeyni, l’influenza è di livello mondiale, ben al di là del mondo islamico.

La forza del pensiero islamico sciita si è riscontrato in diversi gruppi politici e anche in veri e propri Stati. L’esempio principale per i partiti è il ruolo geopolitico di Hezbollah, che grazie all’incrollabile fede rivoluzionaria dei propri combattenti, ha inflitto un pesante sconfitta all’esercito sionista, ritenuto sino ad allora invincibile. Nell’estate del 2006 infatti, l’apparenza dei fatti era la seguente: un esercito ben armato e tecnologicamente avanzato (regime sionista) contro un gruppo armato piccolo e dotato solo di armi leggere o poco più (Hezbollah).

Ma questa è un’analisi superficiale. Hezbollah in quel momento era il rappresentate della Resistenza, ma il regime sionista aveva alle spalle quella complessa macchina politica, culturale, economica e militare che è l’Occidente, o per meglio dire, il sistema di dominio mondialista occidentale. Hezbollah non ha solo sconfitto i sionisti, ma anche i loro apparentemente potenti mandanti. Ciò dimostra che il pensiero rivoluzionario islamico ha rappresentato una base fondamentale per la lotta trionfale di Hezbollah, negando la validità di altre teorie troppo concentrate sui fattori materiali. Diversi eserciti arabi, ben armati, avevano fallito nel fronteggiare il regime sionista sostenuto dall’Occidente, ma un piccolo gruppo armato, basato sul pensiero della “vittoria del sangue sulla spada”, aveva fermato le mire coloniali occidentali.

Hezbollah aveva quindi cambiato le dinamiche geopolitiche della regione, e il regime sionista si sentiva molto più vulnerabile che in passato. Vi sono anche altri gruppi di ispirazione islamica e sciita, come in Iraq, in Afghanistan, nella Penisola araba, ma per diversi fattori, al momento non hanno il peso che ha negli affari regionali Hezbollah.

L’altro punto di forza degli sciiti è rappresentato dal ruolo ideologico della Repubblica islamica dell’Iran. Questo Paese, il cuore del mondo islamico sciita, è riuscito a tessere una serie di relazioni in tutta la regione, e a garantirsi un ruolo geopolitico di primo piano; infatti, quello che mediaticamente viene definito come Asse della Resistenza, ovvero l’alleanza tra l’Iran, la Siria, alcuni gruppi palestinesi e Hezbollah, è il risultato degli ultimi trent’anni di politica mediorientale iraniana, volta a rafforzare i legami coi gruppi e con i Paesi vicini dal punto di vista della visione geopolitica internazionale.

La creazione di un sistema politico e costituzionale improntato ai principi della religione islamica sciita, è il più alto grado di sviluppo sociale al quale ambisca una comunità sciita, in rapporto ai fattori prettamente materiali e spirituali. La scuola islamica sciita infatti è la base della Rivoluzione islamica del 1979 in Iran e anche dello Stato iraniano che ne scaturì.

L’Iran oggi è un attore importante della geopolitica, sia a livello regionale, ma anche a livello extraregionale, grazie ai legami non solo con l’Asse della Resistenza, ma anche con i Paesi latinoamericani riconducibili al movimento ALBA, a guida venezuelana. Il ruolo regionale e internazionale dell’Iran è riconosciuto anche dagli avversari della Repubblica islamica, ed è per questo che oggi vediamo che il sistema di dominio mondialista sta sferrando degli attacchi micidiali alla sfera di influenza dell’Iran, come possiamo apprezzare in diversi Paesi, ma soprattutto in Siria e Libano.

Se l’Iran non fosse un Paese influente nelle dinamiche internazionali, che bisogno ci sarebbe da parte del sistema di dominio mondialista e dei suoi agenti di scatenare così tanti conflitti, tutti volti alla finale destabilizzazione della Repubblica islamica?

 

Punti di forza: 2- hard power

Ora che abbiamo visto le dinamiche concernenti il soft power per ciò che concerne la forza geopolitica dell’islam sciita e dei gruppi e dei governi influenzati da questa scuola di pensiero, dobbiamo concentrarci sui fattori riconducibili al cosiddetto hard power. Innanzi tutto dobbiamo notare un fatto: gli sciiti, per numero di fedeli, sono minoritari rispetto alle altre scuole religiose, principalmente ai musulmani sunniti e anche rispetto alle varie confessioni cristiane.

Ma come abbiamo visto nelle righe precedenti, hanno una forte capacità di organizzazione ed una impostazione ideologica disciplinata, anche grazie al ruolo di leadership dei sapienti religiosi, che li rende coesi e influenti, anche se apparentemente minoritari. D’altro canto, l’habitat naturale degli sciiti, ha una importante funzione geopolitica e geoeconomica. Infatti, i Paesi a maggioranza sciita e le zone dove gli sciiti sono presenti maggiormente, sono regioni molto importanti per gli equilibri mondiali, dando la possibilità di fatto ai musulmani sciiti, di influenzare non solo le questioni regionali, ma anche quelle extraregionali.

Oggi, e presumibilmente ancora per diverso tempo, zone come il Golfo Persico possono essere considerate come il cuore energetico del mondo. I Paesi che si affacciano su questo mare producono milioni e milioni di barili di petrolio al giorno, senza parlare di una delle principali riserve di gas del mondo, in comune tra Iran e Qatar. In questa regione noi abbiamo Paesi come l’Iran, l’Iraq e il Bahrain, senza parlare delle forti minoranze sciite negli altri Paesi, come in Arabia e in Kuwait. Bisogna notare che la principale regione petrolifera della Penisola araba è quella a ridosso della costa del Golfo Persico (regione di Qatif, nella Arabia orientale). Se le rivolte in Bahrain e in Arabia dovessero andare in porto, ci sarebbe un duro colpo per l’egemonia occidentale che sostiene le monarchie della regione, e ciò accrescerebbe ulteriormente il ruolo del principale Stato musulmano sciita, ovvero l’Iran.

L’influenza che già oggi l’Iran esercita nella zona, e basterà in questa sede accennare alla possibilità, nemmeno tanto remota, dell’Iran di chiudere l’arteria energetica del mondo, ovvero lo Stretto di Hormoz, è notevole e se dovesse accrescersi ulteriormente darebbe agli iraniani la possibilità di avere in mano gli equilibri energetici mondiali, con una enorme capacità di influenza sui Paesi importatori, soprattutto quelli che mostrano ostilità nei confronti della Repubblica islamica, ovvero quelli occidentali.

Questa capacità di influenzare i mercati energetici mondiali a mio modo di vedere rappresenta un’arma micidiale, che la Repubblica islamica dell’Iran potrebbe usare in caso di attacco militare occidentale, gettando nel caos le economie già martoriate dei Paesi della zona Euro.

 

Punti di debolezza

Uno dei principali problemi che attanaglia, secondo la mia opinione, il ruolo geopolitico dell’islam sciita, è la debolezza in ambito mediatico. Il mondo contemporaneo si basa molto sulla capacità degli attori internazionali di influenzare l’opinione pubblica.

Pur ammettendo che la situazione attuale è molto migliore rispetto a quella di dieci anni fa, dove i Paesi sciiti e i movimenti politici riconducibili a questa scuola di pensiero, non avevano quasi voce in capitolo, mentre oggi se si arriva alla censura dei canali iraniani in Europa, vuol dire che comunque qualche fastidio lo danno, il ruolo egemonico dei media occidentali rimane indiscutibile.

Basti pensare a come le vicende siriane vengano costantemente ribaltate dai media legati all’egemonia mondialista. Una chiara aggressione terroristica che in altri contesti si definisce come “terrorismo islamico”, in Siria viene presentata come una rivoluzione democratica portata avanti dai paladini della libertà.

Le aggressioni contro certi gruppi religiosi vengono completamente ignorate e addirittura si cercano giustificazioni di ogni tipo per renderle accettabili dall’opinione pubblica. Contro una mole propagandistica di tale calibro, i media influenzati dagli sciiti non riescono a ribattere, almeno sul piano internazionale, ponendo una seria riflessione su come bisognerebbe gestire questo delicato argomento. L’islamofobia ed in particolare la “fobia degli sciiti” è all’ordine del giorno nei media occidentali e anche in quelli arabi vicini ai governi filooccidentali della regione mediorientale, e ciò è un fatto che necessita di un’organizzazione più incisiva da parte dei responsabili dei media sciiti.

 

* Seyyed Hadi Zarghani è docente di geopolitica presso l’Università “Ferdowsi” di Mashad (Iran)   

 


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