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EMIGRAZIONE DAL MAGHREB ALL’UNIONE EUROPEA. UNA VISIONE D’INSIEME ALL’INIZIO DEL SECOLO XXI

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 Riassunto

Le relazioni tra il Maghreb e l’Europa sono di lungo periodo e caratterizzate da molteplici aspetti. Vari elementi possono comprovare ciò: il Mediterraneo come spazio condiviso dove influssi culturali differenti si incontrano durante i secoli, la dominazione coloniale, gli interessi strategici ed economici europei nell’Africa del nord, l’attenzione che l’Unione europea ha nei confronti di quest’ultima regione. In ogni caso, al fine di osservare le relazioni tra Maghreb ed Unione europea nel contesto contemporaneo, è possibile identificare altri – meno “ufficiali”, ma non meno importanti – legami tra le due sponde del Mar Mediterraneo. A tal riguardo, l’emigrazione gioca un ruolo importante e lo scopo del presente articolo è quello di fornire una visione d’insieme di tale fenomeno agli inizi del secolo corrente.

 

 

 

Introduzione

«La regione mediterranea è cruciale per l’UE»[1]. La seguente chiarificazione – anno 2008 – potrà essere utile: «L’area coperta dalla Partnership Euro-Mediterranea dell’UE (Processo di Barcellona) e dalla Politica Europea di Vicinato comprende Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità Palestinesi, Siria e Tunisia, con la Libia come osservatore. In quanto tale, ciò che l’UE classifica come Mediterraneo include anche molti paesi normalmente considerati come situati in Medio Oriente»[2].

Una parte essenziale della regione è composta dai paesi del Maghreb che si affacciano sul Mare Nostrum. Tra questi stati ed il continente europeo vi è, prima di tutto, un legame storico rilevante, essendo il potere coloniale stato, per decadi, elemento decisivo nella storia contemporanea dell’area geografica maghrebina. Oggi, l’Europa ha in tale regione interessi strategici ed economici. Non possiamo, ad esempio, dimenticare le risorse di idrocarburi a sud del Mediterraneo. A tal riguardo, è possibile far riferimento ad un aspetto dei rapporti tra un paese europeo come l’Italia ed alcuni stati nordafricani: «L’Italia, quarto importatore mondiale di gas naturale, ricava il 33% del suo fabbisogno dalle riserve algerine e libiche (dati ENI), e la presenza di aziende italiane operanti nel settore è particolarmente forte. I legami energetici con l’Algeria sono pluridecennali: il primo gasdotto, il Transmed, fu costruito tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, ed è gestito dall’ENI e dalla Sonatrach, la compagnia petrolifera statale algerina»[3].

Al di là delle questioni legate alle risorse naturali[4], tra il Maghreb ed i paesi europei, ci sono importanti relazioni commerciali e, certamente, l’Unione europea ha dato vita ad iniziative concernenti aspetti disparati ed indirizzate anche – ma non solo – alla parte di Africa settentrionale sulla quale concentreremo – in questa sede – la nostra attenzione. Nel 1995, viene lanciato il Processo di Barcellona, formando «la base della Partnership Euro-Mediterranea che si è ingrandita ed evoluta nell’Unione per il Mediterraneo»[5]. Le tre principali dimensioni del partenariato sono: Dialogo Politico e Sicurezza; Partnership Economica e Finanziaria; Partnership Sociale, Culturale ed Umana. In campo economico abbiamo l’attività più concreta, con l’obiettivo della «graduale creazione di un’area di libero scambio»[6]. Chiaramente, la maggior forza dell’industria europea, come i limiti alle importazioni di prodotti agricoli nell’UE, hanno portato al Vecchio Continente i benefici maggiori. Nel 2004 viene introdotta la PEV[7]. «La Politica Europea di Vicinato (PEV), istituita ufficialmente nel 2004, mira ad armonizzare le politiche di vicinato degli stati membri, facendo da complemento alle politiche nazionali con una politica dell’UE, ed iniziando una strategia completa di buon vicinato, specialmente verso l’Europa mediterranea ed orientale»[8].

Vi è, in ogni caso, un importante fenomeno che lega la sponda settentrionale e quella meridionale del Mar Mediterraneo. Un fenomeno da non dimenticare se si intende considerare seriamente le “connessioni” reali tra le due regioni. Le prossime pagine serviranno a fornire un quadro d’insieme dell’emigrazione dal Maghreb all’Unione europea all’inizio del secolo ventunesimo.

 

 

 

 

 

Unione europea, Maghreb ed emigrazione

Nel contesto del Processo di Barcellona e della PEV, dal 2005, l’emigrazione è inclusa  «come quarto pilastro chiave della Partnership»[9]. In ogni caso, I flussi migratori da paesi terzi del Mediterraneo non sembrano essere ancora oggetto di una reale politica comune europea.

Per avere un’idea sull’importanza della presenza in Europa di persone originarie del Maghreb, sul finire del secolo trascorso, possiamo dare uno sguardo alla seguente tabella:

 

 

Presenza dei Maghrebini nei principali paesi europei (in migliaia, fine 1990)[10]

 

Nazionalità

Belgio

Francia

Germania

Paesi Bassi

Italia

Spagna

Algerini

10,7

619,9

7,4

0,6

4,0

1,1

Marocchini

141,7

584,7

69,6

156,9

78,0

28,2

Tunisini

6,4

207,5

26,1

2,6

41,2

0,4

 

Fonte: Eurostat

 

 

Per quanto attiene all’immigrazione nell’UE, il Maghreb ha una doppia importanza: è un’area di transito ed una regione di emigrazione esso stesso, chiaramente con differenze tra i paesi che lo compongono. Il Marocco, ad esempio, per la sua posizione geografica e per la sua storia, appare come un «trait-d’union, un punto di equilibrio tra influenze del nord e del sud»[11]. Allo stesso modo di altri paesi mediterranei, il Marocco è percepito dall’UE come zona di origine di emigranti ed, allo stesso tempo, come area di passaggio. Si tratta di un tipo di percezione che porta l’Unione europea ad incoraggiare gli stati del Mediterraneo a sviluppare alcune politiche concernenti asilo e flussi migratori simili a quelle europee[12].

L’emigrazione nordafricana alla quale intendiamo prestare, in tal sede, attenzione non è un fenomeno recente. Osserviamo la seguente tabella, riguardante il numero di «Algériens» in Francia a partire dagli anni Venti del Novecento:

 

 

  Algé-

riens*

Total

Général**

1921 38 000 1 532 000
1926 72 000 2 505 000
1931 105 000 2 714 697
1936 87 000 2 198 236
1946 22 114 1 743 619
1954 211 675 1 765 298
1962 305 484 2 169 665
1968 471 020 2 664 060
1975 710 690 3 442 415
1982 795 920 3 680 100

 

 

* «Fino alla Seconda guerra mondiale, le cifre indicano il totale degli individui originari dell’Africa (dal 1926 al 1936, questo gruppo costituisce la quinta comunità immigrata in Francia, la quale non è però contabilizzata nel totale 1, tenuto conto della sua eterogeneità giuridica ed etnica).
Dal 1946 al 1962, si tratta dei musulmani di origine algerina, ma giuridicamente francesi».
Fonte: Gérard Noiriel, Population, immigration et identité nationale en France XIX-XX siècle, Hachette, Paris 1992, p. 70.

** Il «Total général» concerne tutti gli abitanti che non hanno la cittadinanza francese ma vivono nell’Esagono (Francia).

 

 

E’ importante considerare che l’emigrazione dal Maghreb all’Europa affonda una delle prime radici nel passato coloniale. A. Sayad lega al sistema di tal periodo l’emigrazione algerina in Francia, considerando che, prima dell’indipendenza, i flussi migratori erano gestiti da Parigi sulla base delle esigenze del mercato del lavoro francese[13]. Chiaramente, il vincolo di dipendenza creato durante le decadi precedenti, da un punto di vista culturale ed economico, non può sparire in breve tempo e continua a tradursi, anche, in flussi di emigrazione verso l’antico paese colonizzatore.

B. Hamdouch and M. Khachani spiegano che, dagli anni Sessanta del Novecento, l’emigrazione dal Maghreb assume la forma di un vero fenomeno di massa, con un’importante evoluzione e dinamiche differenti tra i paesi dell’area[14]. Secondo la linea interpretativa suggerita dai due autori e dalla prima tabella da essi proposta, la scelta di lasciare il Maghreb per l’Europa esprime disparità economiche tra le due rive del Mediterraneo.

 

 

Reddito per abitante dei  principali paesi di arrivo di  migranti nel 2000

(in migliaia di dollari)[15]

 

Gran Bretagna

Paesi Bassi

Germania

Belgio

Francia

Italia

Spagna

Algeria

Marocco

Media mondiale

23,80

23,00

22,60

22,10

21,80

18,60

14,50

1,59

1,18

5,20

 

Fonte : Rapporto della Banca Mondiale, 2002

 

 

All’inizio del Millennio, il PIL (prodotto interno lordo) pro capite di paesi come Marocco ed Algeria è nettamente più basso rispetto a quello medio di importanti paesi europei di immigrazione[16]. In Marocco, ad esempio, le province del nord costituiscono un’importante area di emigrazione a causa di una situazione economica precaria.

In ogni caso, nonostante una certa instabilità economica[17] (ed una conseguente instabilità del mercato del lavoro), la regione maghrebina continua a presentare una demografia forte. Ciò si traduce in una offerta di lavoro maggiore rispetto alle esigenze dei mercati nazionali. Il risultato è un alto tasso di disoccupazione, che colpisce principalmente le persone giovani[18].

Al di là delle carenze riguardanti lo sviluppo economico da cui un paese è normalmente colpito dopo anni di governo coloniale, le economie del Maghreb hanno conosciuto gli effetti di periodi difficili come la crisi della fine degli anni Settanta e le conseguenze economiche della crisi del Golfo. Inoltre, la progressiva liberalizzazione del commercio ha posto maggiori ostacoli alle imprese locali ed ha contribuito alla perdita di posti di lavoro.

In Maghreb, l’emigrazione è connessa ad un tasso di povertà significativo. A titolo di esempio, è possibile osservare la seguente tabella, riguardante il contesto marocchino tra la metà degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta:

 

 

Proporzione dei Marocchini che vivono al di sotto della soglia di povertà[19]

 

1984-85 1990-91 1998-99
Urbain 13,8 7,6 12,0
Rural 26,7 18,0 27,2
Total de la population 21,1 13,1 19,0

 

                                         Fonte: Direction de la statistique

 

Il 70% degli emigranti marocchini risulta andare via per ragioni economiche[20]. Queste persone decidono di partire per trovare un lavoro meglio retribuito o, semplicemente, per cercare un’occupazione e migliorare il proprio standard di vita. In tale contesto, il contributo delle rimesse acquisisce una forte importanza.

Nelle relazioni tra Europa e Maghreb, l’elemento geografico ha la sua rilevanza. La prossimità tra le due regioni spiega una parte degli interessi europei nel voler includere il Maghreb in un’efficace politica di vicinato, in particolar modo al fine di promuovere il libero mercato e la stabilità politica.

La prossimità spaziale gioca un ruolo anche nelle dinamiche migratorie. E’, infatti, usuale che delle persone che decidono di emigrare siano attratte da una regione vicina e più ricca. La distanza tra l’Europa e le coste marocchine è di circa 14 chilometri[21]. Molte sono le persone giovani che si assumono il rischio di attraversare lo Stretto di Gibilterra con imbarcazioni di fortuna ed elevato risulta essere il numero di vittime[22]. Inoltre, in un simile quadro, reti organizzative strutturate – cui gli emigranti pagano somme molto elevate – danno un forte impulso all’emigrazione illegale.

Come detto in precedenza, l’immigrazione proveniente da paesi terzi del Mediterraneo non si presenta ancora come l’oggetto di una reale politica comune europea. Esistono degli accordi bilaterali: «Come parte del processo di partenariato euro-mediterraneo, è stata fondata una nuova generazione di accordi bilaterali tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da un lato, ed i paesi della partnership mediterranea dall’altro. Questi rimpiazzano la prima generazione di accordi, ad esempio gli accordi di cooperazione degli anni Settanta»[23]. Tra il 1998 ed il 2005, l’Unione europea ha concluso sette Accordi euro-mediterranei di associazione. Tra questi, c’è un accordo con la Repubblica algerina democratica e popolare, uno con il Regno del Marocco ed uno con la Repubblica tunisina. Se diamo uno sguardo agli accordi con Algeria e Marocco, notiamo che un sistema di non discriminazione (in merito a condizioni di lavoro, remunerazione, licenziamento) è previsto per le persone originarie di questi paesi e che vivono negli stati dell’UE. Si tratta di una non discriminazione reciproca[24] e che fa riferimento anche ai sistemi di welfare. Rispetto a quest’ultimo punto, ad esempio, si prevede che i lavoratori provenienti da Algeria e Marocco che vivono in uno stato membro dell’UE, come i membri – conviventi – delle loro famiglie, godano, da parte del sistema previdenziale, di un trattamento caratterizzato dall’assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza[25]. Inoltre, i lavoratori algerini e marocchini stabilitisi negli stati europei membri beneficiano del libero trasferimento nel loro paese d’origine di pensione o assegno di disabilità.

In termini generali, gli accordi menzionano il dialogo sui flussi migratori e sull’immigrazione illegale; il dialogo e la cooperazione per migliorare le condizioni di vita e creare lavoro ed opportunità di formazione professionale nelle aree di provenienza degli emigranti.

In ogni caso è possibile osservare come, in merito all’emigrazione dal sud al nord del Mediterraneo, il Processo di Barcellona e gli Accordi di associazione rimangano ad un livello generale. Il fenomeno migratorio necessiterebbe di una maggiore attenzione e di un serio approccio politico, al fine di dare a coloro che arrivano nell’Unione europea concrete opportunità professionali e di integrazione e di non lasciare queste persone nei circuiti dell’emigrazione illegale. Per quanto attiene al Partenariato euro-mediterraneo, questi dovrebbe costituire, a nostro avviso, un punto di partenza per stimolare lo sviluppo economico nei paesi mediterranei non europei, dando alle persone una reale opportunità di scegliere dove vivere e lavorare (nella propria regione d’origine o altrove). Ciò contribuirebbe ad evitare che persone provenienti da aree meno ricche continuino ad alimentare una forza lavoro sfruttabile – e più vulnerabile – atta a svolgere lavori più duri e meno pagati.

 

 

 

 

Bibliografia

N. Berger, La politique européenne d’asile et d’immigration. Enjeux et perspectives, Bruylant, Bruxelles, 2000.

Hassan Bousetta, Sonia Gsir et Marco Martiniello, Les migrations marocaines vers la Belgique et l’Union européenne. Regards croisés, Actes de la journée d’étude organisée dans le cadre du Pôle d’Attraction Interuniversitaire (PAI) par le CEDEM le 17 février 2004, Hummanitariannet-CEDEM-IMISCOE, Publications de l’Université de Deusto, Bilbao 2005.

Abdellatif Fadloullah, Colonizzazione ed emigrazione in Maghreb, in  R. Cagiano de Azevedo, “Migration et coopération au développement, études démographiques n° 28”, Direction des affaires sociales et économiques, edizioni del Consiglio d’Europa, 1994, http://www.cestim.it/argomenti/11devianza/carcere/due-palazzi/studi_explorer_%201%20-%204/pagine%20web/colonizzazione_ed_emigrazione_in.htm

B. Hamdouch, M. Khachani, Les déterminants de l’émigration internationale au Maghreb, in Les migrations internationales. Observations, analyse et perspectives, Colloque international de Budapest (Hongrie, 20-24 septembre 2004), Numéro 12, Association internationale des démographes de langue française, AIDELF.

Larbi Jaidi, Statut avancé entre l’UE et le Maroc: un nouveau mode de partenariat ?, in Afkar/idées. Revue trimestrielle pour le dialogue entre le Maghreb, l’Espagne et l’Europe, http://www.afkar-ideas.com/fr

Stephan Keukeleire and Jennifer MacNaughtan, The foreign policy of the European Union, Palgrave and McMillan, 2008.

Maghreb. Altra sponda dell’Europa, ICEI Istituto Cooperazione Economica Internazionale, ong del Cocis, I fascicoli dell’Icei n. 2 – Gennaio 2002.

Maghreb: i rapporti economici con l’Italia, in Equilibri.net, 25/01/2010.

Andrew Mold (ed.), EU Development Policy in a Changing World. Challenges for the 21st Century, Amsterdam University Press, 2007.

Gérard Noiriel, Population, immigration et identité nationale en France IX-XX siècle, Hachette, Paris 1992.

Reimund Seidelmann, The EU’s neighbourhood policies, in Mario Telo (edited by) The European Union and Global Governance, Rotledge, 2009.

P.-J Thumerelle, A propos de l’immigration algérienne en France, in «Espace, population, société», II, 1983.

Euro-Mediterranean Agreement establishing an association between the European Communities and their Member States, of the one part, and the Kingdom of Morocco, of the other part (2000).

Euro-Mediterranean Agreement establishing an association between the European Communities and their Member States, of the one part, and the People’s Democratic Republic of Algeria, of the other part (entered into force in 2005).

 

 

 

* Angelo Tino. Laurea specialistica in Studi Europei presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Master complémentaire en analyse interdisciplinaire de la construction européenne presso l’Institut d’Études Européennes dell’Université Libre de Bruxelles.

 

 

 


 

[1] Andrew Mold (ed.), EU Development Policy in a Changing World. Challenges for the 21st Century, Amsterdam University Press, 2007, p. 87.

[2] Stephan Keukeleire and Jennifer MacNaughtan, The foreign policy of the European Union, Palgrave and McMillan, 2008, p. 274.

[3] Maghreb: i rapporti economici con l’Italia, in Equilibri.net, 25/01/2010.

[4] Riguardo le risorse naturali del Maghreb, è importante tenere in considerazione che «le terre del Maghreb vantano risorse minerarie significative che rappresentano per l’Algeria il 23,7% del prodotto interno lordo (PIL), l’11% per la Tunisia, e il 5% per il Marocco» (Maghreb. Altra sponda dell’Europa, ICEI Istituto Cooperazione Economica Internazionale, ong del Cocis, I fascicoli dell’Icei n. 2 – Gennaio 2002, p. 15).

[5] European Union External Action, http://eeas.europa.eu/euromed/barcelona_en.htm .

[6] Ibidem.

[7] «Con l’introduzione della Politica Europea di Vicinato (PEV) nel 2004, il Processo di Barcellona è divenuto essenzialmente il forum multilaterale di dialogo e cooperazione tra l’UE ed i suoi partner mediterranei mentre le relazioni bilaterali complementari sono gestite principalmente sotto la PEV ed attraverso gli Accordi di associazione firmati con ogni paese partner» (ibidem).

[8] Reimund Seidelmann, The EU’s neighbourhood policies, in Mario Telo (edited by) The European Union and Global Governance, Rotledge, 2009, p. 261.

[9] Ibidem. In ogni caso, se leggiamo il documento del First Euro-Mediterranean Ministerial Meeting on Migration, (Algarve – 18, 19 November 2007), http://www.eu2007.pt/NR/rdonlyres/8D86D66E-B37A-457E-9E4A-2D7AFF2643D9/0/20071119AGREEDCONCLUSIONSEuromed.pdf , non troviamo decisioni molto energiche.

[10] Abdellatif Fadloullah, Colonizzazione ed emigrazione in Maghreb, in  R. Cagiano de Azevedo, “Migration et coopération au développement, études démographiques n° 28”, Direction des affaires sociales et économiques, edizioni del Consiglio d’Europa, 1994, http://www.cestim.it/argomenti/11devianza/carcere/due-palazzi/studi_explorer_%201%20-%204/pagine%20web/colonizzazione_ed_emigrazione_in.htm

[11] Larbi Jaidi, Statut avancé entre l’UE et le Maroc : un nouveau mode de partenariat ?, in Afkar/idées. Revue trimestrielle pour le dialogue entre le Maghreb, l’Espagne et l’Europe, p. 22, http://www.afkar-ideas.com/fr

[12] Si può fare riferimento ad Hassan Bousetta, Sonia Gsir et Marco Martiniello, Les migrations marocaines vers la Belgique et l’Union européenne. Regards croisés, Actes de la journée d’étude organisée dans le cadre du Pôle d’Attraction Interuniversitaire (PAI) par le CEDEM le 17 février 2004, Hummanitariannet-CEDEM-IMISCOE, Publications de l’Université de Deusto, Bilbao 2005, p. 106. E’ possibile trovare il lavoro menzionato in rete.

[13] Cfr. P.-J Thumerelle, A propos de l’immigration algérienne en France, in «Espace, population, société», II, 1983.

[14] Cfr., B. Hamdouch, M. Khachani, Les determinants de l’émigration internationale au Maghreb, in Les migrations internationales. Observations, analyse et perspectives, Colloque international de Budapest (Hongrie, 20-24 septembre 2004), Numéro 12, Association internationale des démographes de langue française, AIDELF.

[15] Nostra fonte: ibidem, p. 210

[16] Chiaramente, in ogni paese ci sono differenze tra le varie categorie sociali e regioni.

[17] Hamdouch and Khachani osservano: «E’ il settore primario che condiziona il ritmo della crescita economica, gli idrocarburi in Algeria e l’agricoltura in Tunisia e Marocco. Le fluttuazioni del prezzo del petrolio sul mercato mondiale, da una parte, e la ricorrenza degli anni di siccità per gli ultimi due decenni, dall’altra, hanno avuto un impatto negativo sul ritmo di crescita» (B. Hamdouch, M. Khachani, Les determinants de l’émigration internationale au Maghreb, cit., p. 210).

[18] Hamdouch and Khachani riportano i seguenti dati: «Nei tre paesi del Maghreb, la proporzione di popolazione disoccupata aumenta. In un decennio, dal 1990 al 2000, i tassi sono passati dal 19,8% al 29,9% in Algeria, dal 12,1% al 13,7% in Marocco e dal 16,2% al 15,9% in Tunisia. Lo Stato, tradizionalmente creatore d’impiego, ha ridotto enormemente il proprio contributo al mercato del lavoro, e questa riduzione ha generato una diminuzione degli investimenti pubblici e, di conseguenza, degli impieghi» (ibidem, p. 210).

[19] Ibidem, p. 212.Dunque, il 12% parte per ragioni familiari (raggiungere i membri della famiglia all’estero), il 9% per motivi di studio, il 6% per ragioni “sociali” (ad esempio, la tendenza ad imitare e raggiungere amici che si trovano all’estero, oppure l’insoddisfazione nei confronti della situazione nella quale vivono in Marocco) [cfr., ibidem, pp. 216-217].

[20] Cfr., ibidem, p. 216.

[21] Cfr., ibidem, p. 213.

[22] Cfr., ibidem.

[23] Treaties Office Database of the European External Action Service, http://ec.europa.eu/world/agreements/prepareCreateTreatiesWorkspace/treatiesGeneralData.do?step=0&redirect=true&treatyId=229
N. Berger spiega come, nel 1976, la Comunità europea concluse due accordi di cooperazione con Algeria e Marocco. L’obiettivo generale era quello di promuovere una cooperazione globale al fine di contribuire allo sviluppo economico e sociale dei due paesi del Maghreb. Concretamente, la cooperazione è fornita in tre settori: settore economico, finanziario e tecnico; scambi commerciali; lavoratori. Per quanto riguarda i lavoratori interessati, gli accordi parlano di un regime «caratterizzato dall’assenza di ogni discriminazione fondata sulla cittadinanza per ciò che attiene alle condizioni di lavoro e di remunerazione» (N. Berger, La politique européenne d’asile et d’immigration. Enjeux et perspectives, Bruylant, Bruxelles, 2000, p. 78). Inoltre, vi è una “clausola di uguaglianza di trattamento” in merito al sistema previdenziale.

[24] La non discriminazione è valida anche per i lavoratori europei in questi paesi del Maghreb.

[25] Si tratta di non discriminazione rispetto ai cittadini degli stati europei membri nei quali i lavoratori provenienti da Algeria o Marocco sono impiegati.

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