Abbiamo seguito, per conto di “Eurasia-Rivista di Studi Geopolitici”, l’interessante seminario organizzato dal Centro Studi “Vox Populi” dedicato quest’anno a “Tutte le rotte di Ulisse: l’Isola del Mondo e i suoi Mediterranei. Scenari del Nuovo Grande Gioco”.
Un breve resoconto non può essere certo esaustivo di tre intensi giorni di discussioni e dibattiti -per i quali rimandiamo agli atti del convegno (www.vxp.it)- e abbiamo quindi scelto di focalizzare la nostra attenzione in particolare su un intervento che ci è sembrato particolarmente interessante per i suoi risvolti geopolitici e non.
Stiamo parlando dell’intervento del Capitano di Vascello Andrea Liorsi, direttore dei Corsi Ufficiali dell’Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia, dal suggestivo titolo: “Nuove rotte nel Mediterraneo Artico: conseguenze economiche, giuridiche e strategiche del Global Warming”.
Il Global Warming, altrimenti detto surriscaldamento globale, è un fenomeno del quale si sente parlare sempre più spesso: effetto serra, scioglimento dei ghiacciai, sono problematiche che si stanno affacciando sempre più spesso nel comune sentire quotidiano. Va detto che i numerosi studi condotti sul fenomeno non sono concordi né sulla portata del fenomeno né sulla sua tempistica.
E’ un dato di fatto comunque che una delle conseguenze dell’ormai sempre più evidente scioglimento dei ghiacciai consiste nell’apertura di nuove rotte nel cosiddetto “Mediterraneo Artico”, geograficamente considerato un oceano, ma suggestivamente indicato come Mediterraneo perchè “chiuso” da ben 6 paesi, i quali, chi più chi meno, tendono a considerarlo come il proprio “Mare Nostrum”. Se diamo un’occhiata al nome di questi paesi, capiamo subito che non si tratta di questioni di poco conto: Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Islanda e Groenlandia (isola sotto la sovranità danese anche se formalmente indipendente).
Lo scioglimento dei ghiacciai in quest’area così vasta, a tutt’oggi percorribile solo al seguito di navi rompighiaccio -delle quali la Russia dispone la più grande flotta al mondo- porta con sé numerose implicazioni: innanzitutto la creazione di nuove rotte commerciali, estremamente più convenienti in termini di giorni di navigazione per i collegamenti tra i grandi porti del Nord Europa e quelli estremo-orientali. Delle tre nuove possibili rotte, Passaggio a Nord-Ovest, Rotta Polare e Passaggio a Nord-Est, quest’ultima sembra quella che si renderà percorribile per prima.
Un’altra fondamentale conseguenza dal punto di vista economico, in un mondo in cui la ricerca di energia è ai primi posti tra le preoccupazioni dei governi, è senza dubbio quella relativa alle risorse energetiche custodite dal sottosuolo di questa vasta e fredda area del pianeta: si calcola che un quarto delle risorse mondiali di gas e petrolio siano ivi contenute, una stima che la dice lunga sul l’importanza del controllo del “Mediterraneo Artico”. Il “Grande Gioco” artico non si combatte soltanto tra i grandi Paesi lambiti da quest’oceano, ossia tra Russia, Stati Uniti e Canada, ma anche tra una pluralità di attori fortemente interessati a questi sviluppi, come Cina, Corea del Sud, Giappone e India, oltre che da Organizzazioni internazionali come Nato e Unione Europea.
Attualmente diversi contenziosi sono in atto, da un punto di vista del diritto internazionale, tra i vari Paesi; in particolare, tra Russia e Stati Uniti sul Mare di Bering, tra Russia e Norvegia per il Mare di Barents, e anche tra due Paesi storicamente alleati come Canada e Stati Uniti. Tra tutti gli attori coinvolti, la Russia, lo Stato che ha più chilometri di costa degli altri, sembra il Paese maggiormente determinato ad affermare la propria sovranità su quest’area. Questo anche in virtù della spettacolare azione con cui un sommergibile russo ha piantato una bandiera in titanio sul fondo della piattaforma artica. La Norvegia ha scelto una politica di cooperazione con la Russia; la Danimarca si trova a dover gestire le problematiche legate alle rivendicazioni indipendentiste della Groenlandia; gli Stati Uniti esercitano attualmente poca pressione sull’Artico, probabilmente perchè troppo impegnati in una molteplicità di teatri bellici in altre parti del globo; anche il Canada ha avanzato rivendicazioni sulla piattaforma; la Nato compie esercitazioni periodiche in questi scenari, l’ultima della quale datata due mesi or sono; infine la Cina, che, con la consueta lungimiranza che la contraddistingue, sta sviluppando una serie di importanti accordi commerciali con Danimarca e Islanda.
In definitiva, ecco quali potrebbero essere le conseguenze postitive dello scioglimento dei ghiacciai nel “Mediterraneo Artico”:
-una minore percorrenza delle rotte tra i porti del Nord Europa e quelli estremo-orientali;
-le nuove rotte commerciali sarebbero anche più sicure rispetto a quelle tradizionali (pirati somali, instabilità politica vicino-orientale);
-notevoli benefici economici derivanti dalle risorse energetiche, ma anche ittiche.
…E quelle negative:
-aumento delle tensioni tra stati legate alle rivendicazioni territoriali e allo sfruttamento delle risorse;
-militarizzazione crescente dell’Artico (Russia e Norvegia hanno spostato dei comandi militari nell’Estremo Nord del paese);
-aumento dell’inquinamento: incidenti alle piattaforme, sversamenti delle navi cisterna, ecc…;
-infine, argomento che ci riguarda da vicino, una marginalizzazione del Mediterraneo, che vedrebbe diminuire in maniera consistente il passaggio delle merci che quotidianamente transitano nel “Mare Nostrum”.
Proprio su questo punto ci sia consentita qualche considerazione ulteriore: per fare fronte a questa minaccia, il Marocco ha recentemente avviato i lavori per fare di Tangeri il più grande porto commerciale del Mediterraneo, e in Europa secondo solo a quello di Rotterdam. Dispiace notare come purtroppo da questo punto di vista il nostro Paese si presenti ancora una volta impreparato ed arretrato: pur di non far arrivare le merci nei nostri inadeguati porti, si preferisce farli arrivare nei porti del Nord Europa e, da lì, via terra verso l’Italia.